Amélie era una signora di mezza età ancora di bell’aspetto, conservava, nonostante gli anni, una silhouette snella e slanciata. I capelli tinti di un bel rosso ramato, corti e lisci sulla nuca, lasciavano scoperto il collo lungo ed elegante, sempre adornato da collane intonate all’abito. Vestiva in modo elegante e ricercato, la maggior parte dei suoi capi era firmata. Il colore preferito era il rosso, lo adorava in tutte le sue nuance: dal rosa tenue all’alizarina, passando per l’amaranto, il rosso magenta e le lacche più sfrontate.
Ogni giorno si truccava con cura: fondotinta, cipria, blush, una riga nera lunga e sottile sopra le palpebre, il mascara. Un rossetto pastoso, rosso lampone completava il maquillage. Il trucco perfetto, senza sbavature né eccessi, le conferiva un’aria naturale; del resto, quello era il suo lavoro. Seria e garbata nei modi, si era guadagnata negli anni la fama di una professionista esperta e capace. Molte celebrità del cinema e della Tv erano diventate sue clienti. Abitava in un lussuoso appartamento al piano attico di un palazzo nel centro città. Andava al lavoro a bordo di un’Alfa Romeo Duetto rossa come il fuoco.
In alcune speciali occasioni si preparava con maggiore cura e ricercatezza. “Le mie giornate particolari” le chiamava lei. Quello era uno di quei giorni. Aveva appuntamento con una cliente fuori dall’ordinario e ci teneva a fare bella figura. Aprì la cabina armadio in fondo alla camera da letto, passò in rassegna la collezione di abiti, nulla le pareva all’altezza. infine optò per un tailleur pantalone color vinaccia e un sotto giacca verde acqua, di Prada.
Quando arrivò i suoi collaboratori erano già al lavoro, ognuno nel proprio camerino. Entrando vide, attraverso la porta semiaperta, la cliente in attesa nella sua cabina, vi si introdusse e chiuse la porta alle spalle. Indossò il camice bianco e i guanti in lattice. Dopo, infilò una mantella sopra l’abito della cliente per non sporcarlo e le passò una fascia intorno ai capelli per liberare il viso; infine posò il beauty-case accanto allo sgabello. Iniziò a lavorare.
Lavorò alacremente, con cura, per due ore. Quando ebbe terminato tolse la fascia dai capelli della cliente e li sistemò; le tolse la mantella e la gettò nel cesto della roba da lavare. Si levò i guanti e il camice; chiamò il suo assistente che entrando esclamò: “Bellissima, Amélie, ti sei superata,” lei fece un cenno di assenso con la testa, sorrise compiaciuta e disse: “Ora puoi portare la bara nella sala sette dove tutto è pronto per accoglierla. L’ultima ripresa, gli ultimi scatti fotografici dopo apriremo le porte al pubblico che è in fila da ore, in attesa, per dare l’ultimo saluto a Marilyn, la Diva.”
Marziana Monfardini – Dicembre 2022 – Tutti i diritti sono riservati –