Chi può permettersi di avere un bambino?

Pubblicato da Elisabetta il 1 marzo 2010

Alcuni giorni fa ho sentinto un’intervista al telegiornale. Una manager, che dopo dieci anni di lavoro a capo di un team di persone presso la propria ditta (red bull), si è concessa di avere un bambino. Al rientro è stata demansionata per poi essere costretta a dare le dimissioni.
Mi ricorda i racconti di mia madre, quando negli anni 60, le donne erano invitate a licenziarsi dopo essersi sposate.
Ieri sul Giornale di Brescia ho letto tra le lettere al Direttore lo sfogo di una giovane madre sullo stesso argomento. Una ragazza di 26 anni che ha voluto mettere al mondo un bambino. E fin qui tutto bene, ma dopo? Se non hai i nonni, a chi lo lasci il bambino? Pensi all’asilo nido, ma le liste d’attesa sono lunghe e i costi elevati.
Allora che non scelta ha la donna? Ancora come tanti anni fa, licenziarsi.
Vorrei che qualcuno si accorgesse, donne e uomini, che anche in questo modo cancelliamo il futuro.

Un commento su “Chi può permettersi di avere un bambino?”

  1. Marziana ha detto…
    Le donne possono scegliere e possono attuare qualsiasi scelta. Il problema di fondo non è l’aspetto sociale, quello è solo il problema apparente.

    Il problema ‘reale’ il problema ‘vero’ in discussione non è figlio si figlio no a quali condizioni e con quali politiche sociali.

    Il problema vero è il rapporto di coppia e una volta che le donne volessero risolvere questo problema , realmente, nella chiarezza, senza subire dal patner, senza compromessi, con dignità e coscienza del diritto, questo si riverberebbe sulla società tutta, poichè verrebbe risolto da tutti gli strati sociali; da quelli ‘più prestigiosi’ o che noi consideriamo tali a quelli ‘più umili’ più in basso, ovviamente socialmente parlando.
    Allora l’intera società ne sarebbe consapevole e le politiche e le scelte sociali sarebbero ‘una conseguenza’.

    Alcuni anni fa avevo una società con mio marito, ora ex, e il problema venno posto da uno dei soci in rapporto a nuove assunzioni e al fatto che in azienda c’era un maggior numero di donne che avrebbero prima o poi generato e quindi era preferibile spostare l’asse delle assunzioni verso il genere maschile.

    Fui ‘costretta’ a pormi il problema dal punto di vista dell’imprenditrice…..
    Ricordo benissimo i pensieri che ebbi: non posso fare la femminista , la donna moderna e in carriera e poi alzare bandiera bianca e abdicare davanti all’interesse e al pensiero unico, fu un’ardua battaglia, ero in minoranza (unico socio di genere femminile e 3 di genere maschile, tra cui il mio ex marito) ma feci la mia parte in azienda e ‘tra le mura domestiche’.

    Sono i nostri mariti, compagni, amici che dobbiamo ‘lavorare ai fianchi’ è solo cambiando il nostro uomo che cambieremo il mondo.. meditate donne meditate.

    Quindi la mission è:
    LAVORIAMO AI FIANCHI IL NOSTRO UOMO, è oltretutto democratico, uno a testa, e se ognuna fa la sua parte, il prossimo che troveremo sarà pronto per una relazione stabile e duratura, già perchè non va omesso che il ‘primo’ rapporto/matrimonio/convivenza non riuscirà a sopravvivere all’impatto.

    Marziana

    1 marzo 2010 21:55

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